Orvinio è incastonato nel territorio del Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili, la cui ricchezza naturalistica risiede nella conformazione del paesaggio tipicamente pre-appenninico. L’intero territorio ospita dei microclimi differenziati a causa di variazioni della circolazione delle masse d’aria all’interno del complesso montuoso e influenzando le formazioni vegetali, costituendo varie tipologie di boschi, macchie e praterie.
Il paesaggio interno è caratterizzato da rilievi montuosi modesti, pianori carsici e vallecole pascolive contrastando con l’aspetto imponente del rilievo dominante la Campagna Romana, la Sabina e l’agro tiburtino.
Orvinio fu fatta risalire al periodo in cui i Siculi occuparono la Sabina. Storici romani la ricordano come un centro di importante rilevanza dominato dal tempio dedicato alla dea Minerva.
Nel IX secolo le truppe di Carlo Magno sconfiggono i Saraceni dando origine ad una delle leggende sull’antico nome medievale di Orvinio: Canemorto. Si dice infatti che il capitano dei saraceni avesse nome Can e che una volta ucciso il popolo avesse esultato intonando “Can è morto”, da qui la contrazione in Canemorto.
Per lungo tempo “Canemorto” appartiene ai frati benedettini di Santa Maria del Piano e nel XV secolo diventa feudo degli Orsini, ormai dominanti sul territorio, che costruiscono ed affrescano un palazzo signorile noto come “Granarone”.
Nel XVI secolo il villaggio si popola e si sviluppa grazie allo spopolamento di due borghi vicini, Vallebona e Petra Demone e da feudo degli Orsini passa a feudo della famiglia ducale dei Muti che ne costruiscono la Rocca ed una torre di difesa andata purtroppo distrutta.
Nel 1632 il feudo passa ai Borghese che lo terranno per oltre due secoli e che ristruttureranno il Castello facendogli assumere l’aspetto che possiamo ammirare attualmente.
Nel 1863, con l’avvento del Regno d’Italia, Canemorto cambia nome e diventa a tutti gli effetti “Orvinio”, secondo la convinzione, non del tutto accertata, che Canemorto rientrasse nell’area dell’antica cittadina sabino-romana “Orvinium” citata da Marco Terenzio Varrone e da Dionigi di Alicarnasso.